- Di: Gabriele Braccioni
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- Giu 24
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Alcoltest e avviso all’indagato del diritto di farsi assistere dal difensore: due pronunce del Tribunale di Urbino
Quando nasce il diritto ricevere l’avviso? Quando è utilizzabile l’accertamento eseguito dai sanitari? Qual è il regime di rilevabilità della relativa nullità nel rito abbreviato?
Con le due sentenze in commento il GIP di Urbino ha affrontato e sciolto il nodo relativo alla rilevanza del mancato avviso della facoltà di farsi assistere dal difensore in caso di richiesta di accertamenti urgenti finalizzati alla contestazione delle contravvenzioni di cui agli artt. 186 e 187 C.d.s. Con la prima (Tribunale di Urbino n. 31/2018 del 15.03.2018) il GIP ha ritenuto che il diritto a ricevere l’avviso insorga nel momento in cui l’agente richiede al conducente di sottoporsi al test, e ciò a prescindere dall’eventuale rifiuto di sottoporsi all’accertamento. Con la seconda (Tribunale di Urbino n. 57/2019 del 04.07.2019) il medesimo GIP ha ritenuto inutilizzabile il referto delle analisi effettuate dal laboratorio del Pronto Soccorso su richiesta della P.G., in quanto costituente “atto” in senso penale e pertanto assistito da tutte le garanzie apprestate dal codice di rito.
La prima vicenda
A seguito di un sinistro stradale l’unico conducente coinvolto veniva trasportato al Pronto Soccorso su richiesta degli agenti accertatori intervenuti sul posto, in quanto manifestava evidente stato di alterazione e di pianto.
Qualche ora più tardi i medesimi agenti decidevano d’inoltrare richiesta di accertamenti urgenti ex art. 354 c.p.p. al Pronto Soccorso per l’effettuazione delle analisi di cui agli artt. 186 e 187 C.d.s.
Il personale sanitario, pertanto, chiedeva al paziente il consenso a sottoporsi al prelievo del sangue ricevendo però risposta negativa: l’interessato non prestava il consenso e si rifiutava di sottoporsi agli esami richiesti.
A seguito della comunicazione del rifiuto trasmessa dal Pronto Soccorso al Comando degli agenti, gli stessi trasmettevano, a loro volta, una notizia di reato alla Procura della Repubblica in relazione alla violazione dell’art. 186, comma 7 e dell’art. 187, comma 8 del C.d.s. per il rifiuto di sottoporsi agli accertamenti ivi indicati.
Veniva così richiesto ed emesso decreto penale di condanna per la violazione sia dell’art. 186, comma 7 del C.d.s. che dell’art. 187, comma 8 del C.d.s. con cui l’imputato veniva condannato alla pena complessiva di Euro 10.000 di ammenda, in sostituzione della pena detentiva ai sensi dell’art. 135 c.p. e dell’art. 459 c.p.p., oltre alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente per anni due.
L’imputato opponeva il decreto penale chiedendo il giudizio abbreviato ex art. 438 c.p.p..
- I motivi di opposizione. Nullità del verbale di accertamento del rifiuto
La difesa dell’opponente lamentava la violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p. e dell’art. 356 c.p.p., poiché non era stato dato avviso al conducente della possibilità di farsi assistere da un difensore prima di procedere con la richiesta di accertamenti urgenti previsti dall’art. 354 c.p.p. Nell’opposizione veniva richiamata la giurisprudenza definitoria dell’esatta portata dell’obbligo gravante sulla Polizia Giudiziaria di fornire tale avviso ogni qualvolta debba essere eseguito l’esame per la raccolta di campioni biologici finalizzati alla ricerca di etanolo (art. 186 C.d.S.) o di sostanze stupefacenti (art. 187 C.d.S).
In particolare si faceva riferimento alla pronuncia della quarta sezione della Suprema Corte di Cassazione n. 49236 del 21/11/2016 secondo la quale «l’avvertimento del diritto dell’assistenza del difensore, si qualifica come presupposto necessario della relativa procedura, indipendentemente dall’esito della procedura medesima e dalle modalità con le quali il test venga concretamente effettuato» e che pertanto detto avvertimento «deve essere rivolto dagli organi di Polizia al conducente del veicolo, nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia, con la richiesta di sottoporsi al relativo test».
L’opponente concludeva ritenendo che il mancato avviso del diritto di farsi assistere dal difensore di fiducia abbia reso nullo il verbale con cui era stato accertato il rifiuto di sottoporsi all’accertamento.
- La decisione del GIP
Preliminarmente il giudice offre alcune considerazioni generali sulla «natura e la valenza probatoria degli accertamenti sul soggetto coinvolto nell’ambito di un incidente stradale allorquando gli stessi siano effettuati direttamente dalla polizia giudiziaria per il tramite della apparecchiatura in dotazione alla stessa ovvero per il tramite di una struttura ospedaliera», osservando che nel primo caso (quando gli accertamenti vengono svolti direttamente dalla P.G.) s’impone non solo un necessario monitoraggio circa la regolarità dell’operato della P.G. ma, altresì, un «nutrito sistema di avvisi collegati alla natura dell’atto (un accertamento che s’inserisce nel corso di un’attività endoprocessuale) […omississ…] che si giustifica in ragione del fatto che le fonti di prova così assicurate verranno acquisite al dibattimento attraverso meccanismi proprio del processo penale» (Cass. pen., Sez. IV, 10 ottobre 2017, n. 51284).
Nel secondo caso, allorquando sia il presidio ospedaliero ad espletare gli accertamenti de quibus, il giudice individua due ipotesi:
- l’una, nella quale gli accertamenti confinano la propria finalità entro i limiti della routinaria attività medica e perciò ineriscono esclusivamente alla individuazione dell’ottimale percorso medico cui sottoporre il paziente: in tale circostanza, poiché trattasi di accertamenti non finalisticamente orientati alla ricerca d’indizi di reità a carico del soggetto coinvolto in incidente stradale, gli stessi non si nutrono di quel sistema di garanzie di cui agli artt. 114 disp. Att. c.p.p. e art. 354 c.p.p.;
- l’altra, nella quale l’esecuzione del prelievo da parte del personale medico non avvenga nell’àmbito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia espressamente richiesta dalla polizia giudiziaria al fine di acquisire la prova del reato nei confronti del soggetto indiziato; richiamando nuovamente la sentenza sopra citata (Cass. pen. n. 51284/17), il giudice urbinate ritiene che, in tal caso, il personale medico agisca quale vera e propria longa manus della P.G. e che, conseguentemente, debbano scattare tutte le garanzie difensive sottese all’avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p..
Declinando i principi sopra esposti al caso oggetto della decisione, il GIP di Urbino ritiene che «lo svolgimento di attività accertative irripetibili in assenza degli avvertimenti delineanti il sistema di garanzie desumibile dagli artt. 114 disp. att. c.p.p. e dell’art. 354 c.p.p. appare irreversibilmente lesiva della tutela apprestata al diritto di difesa, traducendosi nella mancata realizzazione del fatto tipico previsto dalle norme incriminatrici».
Pertanto, ritenuto che «l’avviso deve essere rivolto dagli organi di Polizia stradale al conducente del veicolo, nel momento in cui viene avviata la procedura di accertamento strumentale dell’alcolemia, con la richiesta di sottoporsi al relativo test; tale avvertimento deve essere dato anche in caso di rifiuto alla effettuazione dell’accertamento da parte dell’interessato» (Cass. pen., Sez. IV, 6 giugno 2017, n. 34383) e che «sussiste l’obbligo di previo avviso al conducente coinvolto in un incidente stradale di farsi assistere da un difensore di fiducia, ai sensi dell’art. 356 c.p.p. e art. 11 disp. att. c.p.p., in relazione al prelievo ematico presso una struttura sanitaria finalizzato all’accertamento del tasso alcolemico, qualora l’esecuzione di tale prelievo non avvenga nell’ambito degli ordinari protocolli sanitari, ma sia autonomamente richiesta dalla polizia giudiziaria» (Cass. pen., Sez. IV, 24 gennaio 2018, n. 6526) il giudice, aderendo ai principi espressi dalle citate pronunce della Suprema Corte, ha assolto l’imputato in quanto l’unica prova della condotta (consistita nel rifiuto di sottoporsi agli accertamenti previsti dagli artt. 186 e 187 C.d.s.) era contenuta in un atto inutilizzabile poiché nullo per le ragioni sopra evidenziate.
La seconda vicenda
A seguito di un sinistro stradale, il conducente di uno degli autoveicoli coinvolti veniva trasportato al Pronto Soccorso. Gli agenti intervenuti per i rilievi sospettavano che il conducente fosse alla guida in stato di ebbrezza e verbalizzavano immediatamente la circostanza nel “prontuario per le annotazioni e gli accertamenti urgenti relativi agli incidenti stradale”.
Successivamente gli agenti rivolgevano richiesta scritta al Pronto Soccorso di eseguire analisi finalizzate alla ricerca di alcool nel sangue del conducente. Il Laboratorio analisi trasmetteva il referto al Comando degli agenti accertatori da cui si evinceva un tasso di etanolo nel sangue pari a 2,37 g/l, ben superiore ai limiti di legge.
A seguito della trasmissione della notizia di reato, veniva richiesto ed emesso decreto penale di condanna per la violazione dell’art. 186, comma 2, lett. c) C.d.S con cui l’imputato veniva condannato alla pena complessiva di Euro 9.375,00 di ammenda, in sostituzione della pena detentiva ai sensi dell’art. 135 c.p. e dell’art. 459 c.p.p., oltre alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente e la confisca dell’autovettura. L’imputato opponeva il decreto penale chiedendo il giudizio abbreviato ex art. 438 c.p.p..
- I motivi di opposizione: nullità dell’accertamento irripetibile
Anche in questo caso l’opponente lamentava la violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p. e dell’art. 356 c.p.p., poiché non era stato dato avviso al conducente della possibilità di farsi assistere da un difensore durante gli accertamenti urgenti previsti dall’art. 354 c.p.p.
La difesa osservava che la richiesta di esami finalizzati alla ricerca di alcol nel sangue era pervenuta al Pronto Soccorso dalla Polizia Giudiziaria nell’espletamento del proprio servizio; da ciò ne conseguirebbe l’inevitabile applicazione di tutte le garanzie previste dal codice di rito per l’espletamento di quello che si palesa come un atto irripetibile ai sensi dell’art. 354 c.p.p..
La difesa rilevava altresì l’inapplicabilità, al caso de quo, del principio enunciato dalla giurisprudenza in materia di utilizzabilità ex art. 234 c.p.p. di un referto medico relativo ad una indagine eseguita per motivi sanitari.
A riguardo si evidenziava che in tema di utilizzabilità di documenti “pre-esistenti” al procedimento penale, la giurisprudenza ritiene che i risultati degli esami del sangue possano essere acquisiti nel processo penale (quali documenti) solamente se il prelievo ematico sia stato compiuto a fini sanitari e durante il ricovero presso una struttura sanitaria ospedaliera, nel rispetto dei protocolli medici. Infatti è la loro precisa finalizzazione che ne determinerebbe l’estraneità rispetto al procedimento penale e con essa l’impossibilità di ricondurli nel concetto di “atti”: conseguentemente solo se il prelievo ematico è connesso a pratiche mediche costituisce res preesistenti al procedimento penale, e pertanto non soggetto alle necessarie garanzie.
Di contro, se l’istanza sanitaria cede il posto a quella investigativa, poiché è la P.G. a richiedere l’accertamento effettuato a mezzo prelievo ematico, si rispande la tutela prevista dall’art. 354 c.p.p., con tutte le conseguenze in termini di utilizzabilità dell’accertamento. Pertanto, nel caso de quo, la persona sottoposta all’accertamento avrebbe dovuto essere avvisata della facoltà di farsi assistere da un difensore ex art. 114 disp. att. c.p.p. Non essendo stato dato tale avviso, l’accertamento è soggetto al regime di rilevabilità della nullità intermedia, come sancito dalla giurisprudenza della Suprema Corte a Sezioni Unite 29 gennaio 2015, n. 5396 (tale osservazione risulterà dirimente, come si dirà in seguito).
Infatti, al di là dell’indiscutibile tenore letterale di quanto dichiarato nel verbale del dall’Agente (il quale aveva espressamente verbalizzato di aver effettuato la richiesta di prelievo di liquidi biologici al fine dell’esame alcoltest), la prova che l’esame tossicologico non sia stato eseguito dai medici spontaneamente (per motivi sanitari) ma solamente dietro la richiesta formulata dall’Agente di P.G. risiedeva nel verbale di Pronto Soccorso nel quale non vi è traccia della richiesta di quell’esame.
A ciò si aggiunga che il referto del laboratorio analisi (da cui risulterebbe la presenza di etanolo nel sangue) era relativo ad un prelievo eseguito il giorno successivo a quello del sinistro. Si tratterebbe pertanto di un prelievo effettuato esclusivamente al fine della ricerca della presenza di alcol nel sangue, come specificatamente richiesto dall’Agente di Polizia Giudiziaria.
Sulla scorta della ricostruzione di fatto emergente dagli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari, la difesa riteneva che tale accertamento fosse nullo per violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p., in relazione agli artt. 356 e 354 c.p.p..
- L’istruttoria d’ufficio
Preliminarmente il GIP, al fine di verificare la sussistenza della nullità invocata dalla difesa, utilizzava i poteri istruttori d’ufficio riconosciutigli dall’art. 441, comma 5 c.p.p. e disponeva, pertanto, l’assunzione della testimonianza del medico del Pronto Soccorso che aveva prescritto gli esami del sangue. Il medico riferiva di aver prescritto plurimi esami del sangue del paziente durante il periodo in cui l’imputato era stato ricoverato presso il Pronto Soccorso, ma di aver richiesto l’esame tossicologico solamente dietro richiesta della Polizia Giudiziaria.
- La decisione.
L’esito dell’istruttoria non lasciava dubbi riguardo la funzione di ricerca della prova dell’esame richiesto dalla P.G., tant’è che lo stesso Pubblico Ministero, a seguito dell’audizione del medico del Pronto Soccorso, chiedeva l’assoluzione dell’imputato.
Il Giudice, dopo aver passato in rassegna le principali pronunce di legittimità sul punto[1], si soffermava brevemente sulla eventualità che la scelta del rito abbreviato potesse, in qualche modo, determinare una sanatoria delle nullità degli atti contenuti nel fascicolo delle indagini preliminari ai sensi dell’art. 180 c.p.p., così come previsto, in riferimento allo specifico caso del giudizio abbreviato, dall’art. 438, comma 6 bis c.p.p..
Come si è accennato in precedenza, il richiamo alla sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite 29 gennaio 2015, n. 5396, ha consentito al GIP di fare buon governo dei principi ivi enunciati nell’applicazione al caso oggetto della decisione. Infatti, ritenendo la nullità in esame a regime intermedio, non può che derivarne che l’avvenuta proposizione della relativa eccezione già con l’atto di opposizione a decreto penale di condanna impedisca la sanatoria prevista dagli artt. 180 e 438, comma 6 bis c.p.p., poiché il giudizio abbreviato era stato introdotto dall’imputato proprio al fine di rilevare e fare accertare la summenzionata nullità.
[1] Cass. pen, Sez. IV, 10 ottobre 2017, n. 51284; Cass. pen., Sez. IV, 27 settembre 2016, n. 53293; Cass. pen., Sez. VI, 13 settembre 2016, n. 43894; Cass. pen., Sez. IV, 22 dicembre 2016, n. 3340; Cass. pen. Sez. III 5 marzo 2009, n. 16683; Cass. pen., Sez. III, 10 novembre 2015, n. 5818; Cass. pen., Sez. IV, 18 gennaio 2017, n. 15189; Cass. pen., Sez. III, 1° marzo 2016, n. 23697; Cass. pen., Sez. IV, 19 febbraio 2019, n. 11722.