- Di: Gabriele Braccioni
- sindaco
- Apr 14
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Esiste incompatibilità tra la carica di Sindaco e l'attività di Farmacista?
1. Premessa.
Preliminarmente è necessario tenere conto che le norme che prevedono ineleggibilità o incompatibilità di qualsiasi tenore devono essere considerate norme eccezionali e derogatorie rispetto alle generali previsioni di accessibilità e libertà nei confronti sia dell’esercizio delle cariche pubbliche che nei riguardi dell’attività economica, e in quanto tali le stesse non possono essere suscettibili di interpretazione estensiva o di applicazione analogica.
In altri termini, ciò significa che la eventuale preclusione all’esercizio della carica pubblica, ovvero all’esercizio di una attività economica (nella fattispecie oggetto del presente lavoro, la gestione di una farmacia privata) deve essere espressamente prevista da una norma, in caso contrario vige il principio che tutto ciò che non è vietato è consentito (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit).
Giova anticipare sin d’ora che nell’ordinamento vigente non si rinviene una norma di tal genere: né nell’ordinamento degli enti locali (Testo Unico degli Enti Locali approvato con d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267), né nella normativa settoriale afferente il servizio farmaceutico (legge 2 aprile 1968, n. 475 – legge 8 novembre 1991, n. 362).
2. Quadro normativo di riferimento: le disposizioni della legge 23 aprile 1981, n. 154.
Sotto il profilo storico, osservando il tema di cui ci si occupa in una prospettiva diacronica, una incompatibilità di tal genere era stata prevista dalla legge 23 aprile 1981, n. 154. La relativa disciplina prevedeva – infatti – la ineleggibilità per i legali rappresentanti e i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincideva con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui erano convenzionate o lo ricomprendeva, dei comuni che concorrevano a costituire l’unità sanitaria locale con cui erano convenzionate, nonché la incompatibilità per i professionisti convenzionati con le unità sanitarie locali, escludendo però l’effetto di detta incompatibilità per i titolari di farmacia che avessero richiesto la sostituzione, per la durata del mandato, con altro farmacista iscritto all’ordine dei farmacisti, nella conduzione professionale ed economica della farmacia[1]. Quest’ultima disposizione è segno evidente che, per la norma del 1981, le farmacie erano «strutture convenzionate» rilevanti ai fini dell’art. 2, comma 1, n. 9 della medesima legge.
Si può pertanto concludere che, in vigenza della disposizione sopra richiamata, sussistesse ratione temporis una causa di ineleggibilità per i titolari di farmacie, salvo che questi non provvedessero – prima della proclamazione – a farsi sostituire da altro professionista iscritto all’Albo professionale.
3. Le modifiche normative del 1991 e del 2000.
Il legislatore è però intervenuto sul punto modificando la disciplina de quo con l’introduzione della legge 11 agosto 1991, n. 271, il cui art. 2, nell’individuare gli organismi convenzionati con le Unità sanitarie, non fa più alcun cenno alle farmacie.
Ergo, dovendo considerare l’elenco contenuto nel citato art. 2 come un numerus clausus, dall’entrata in vigore della legge sopra richiamata non è più prevista alcuna causa di ineleggibilità per i titolari di farmacie, i quali risultano pertanto eleggibili alle cariche negli enti locali, in quanto non più ricompresi nelle casistiche delle incompatibilità espressamente individuate dall’art. 2 della legge 11 agosto 1991, n. 271.
In questo senso si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza cass. civ., sez. I, 12 settembre 1992, n. 10425 che costituisce pronuncia cardine della materia, come dimostra altresì il richiamo contenuto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 1995.
Va segnalato che la ricordata legge 23 aprile 1981, n. 154 è stata poi abrogata dal Testo Unico degli Enti Locali (approvato con d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267), nel corpo del quale sono state trasfuse le norme precedentemente recate dalla legge n. 154 (segnatamente agli articoli 55 e seguenti), norme nelle quali, come ricordato supra, non si rinviene alcuna disposizione impeditiva al duplice ruolo di sindaco e farmacista.
Pertanto, anche nell’ordinamento attualmente vigente non pare sussistere alcuna norma che impedisca ad un titolare di una farmacia di ricoprire l’ufficio di sindaco.
A conferma di tale assunto milita anche un argomento di carattere formale: una farmacia privata (salvo casi eccezionali) non è legata da alcuna forma di convenzione né con l’ente locale né con il Servizio Sanitario, pur essendo ovviamente soggetta ad autorizzazioni e controlli da parte del Servizio Sanitario stesso.
4. Le incompatibilità previste dalla legge 2 aprile 1968, n. 475
Per completezza di trattazione, anche al fine di evitare che possano nascere equivoci sul punto, è necessario osservare che non rileva, ai fini che qui interessano, la prescrizione dell’art. 13 della legge 2 aprile 1968, n. 475, secondo il quale il titolare di una farmacia e il direttore responsabile non possono ricoprire posti di ruolo nell’amministrazione dello Stato, compresi quelli di assistente e titolare di cattedra universitaria, e di enti locali o comunque pubblici. La ragione di tale irrilevanza è ontologicamente collegata alla natura della carica di sindaco, la quale non configura un rapporto di lavoro con l’ente, ma rappresenta l’esercizio di una carica elettiva ed onoraria.
5. Conclusioni.
Dall’esame delle norme sopra indicate, secondo una interpretazione ancorata ai principi di successione di leggi nel tempo di cui all’art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. “preleggi”), e considerato ratione temporis il contenuto precettivo delle norme supra richiamate, si ritiene che non sussista, nell’ordinamento italiano vigente ad oggi, alcuna ipotesi di incompatibilità tra la carica di sindaco e l’attività di farmacista.
[1] Così recita espressamente l’art. 8, comma 3 della legge 23 aprile 1981, n. 154.